Uno degli argomenti attualmente più controversi riguarda la posizione occupata da Dio in relazione agli esseri umani. La cultura occidentale ha ereditato dalla filosofia greca il principio secondo cui gli esseri umani sono al centro dell’universo, mentre Dio, se esiste, rimane ai margini. Alla luce di questa prospettiva, la forma ideale di governo sarebbe la democrazia, in particolare, la democrazia liberale, che sancisce l’uguaglianza tra le persone. La conseguenza necessaria di tale regime è la libertà umana, che comporta una permissività di tipo laissez-faire.
All’opposto, il mondo musulmano non segue tali principi, conservando la propria posizione tradizionale, secondo cui Dio sarebbe al centro assoluto di ogni cosa. Agli individui è attribuito solo un ruolo secondario di sottomissione al Divino. Il progresso è guardato con sospetto, e spesso respinto completamente, per evitare l’inevitabile permissività occidentale, mentre la governance democratica è intesa come una minaccia all’onnicomprensiva religiosità islamica.
Nell’arena dello scontro fra queste culture, non sembra possibile raggiungere una soluzione o un accordo nell’immediato. Eppure, ci sarebbe una via d’uscita per le due civiltà, se solo queste ascoltassero con attenzione lo straordinario messaggio promosso dall’Ebraismo. Secondo la tradizione ebraica, al centro dell’universo non vi è né Dio, né vi sono gli esseri umani, piuttosto vi è il dialogo che si istaura tra questi, ove le persone servono Dio,
come soci, ai fini di rendere perfetta la Sua creazione. Pertanto, il pungente antagonismo delle civiltà, descritto finora, svanirebbe, venendo sostituito da un sentimento di solidarietà reciproca tra il Creatore e la Sua creazione, sia a livello individuale che comunitario.
Un ulteriore argomento che turba la quiete morale dell’uomo moderno riguarda la possibilità di un sistema unitario di valori. Infatti, risulta difficile riunire sotto lo stesso tetto quei valori che sembrano in contraddizione tra loro. La massima espressione di tale contraddizione è il rapporto tra la compassione e la giustizia. Mentre il Cristianesimo ha trasmesso all’umanità l’enunciato secondo cui la compassione – e soltanto essa – rappresenta un valore morale, un principio che trova la propria espressione nei sistemi di valori occidentali, l’Islam ha sistematicamente adottato la giustizia, nelle sue forme più estreme, come valore prediletto per compiere la volontà di Dio.
L’Ebraismo viene, anche qui, in aiuto all’umanità. Sia la tradizione biblica sia quella talmudica insegnano una strada che porta all’unificazione dei valori, riferendosi all’ideale etico supremo di “agire con rettitudine e giustizia” (Genesi 18:19), contemporaneamente.
Nell’ambito della tradizione ebraica, così come viene insegnato nei centri di studio ebraici, esiste un percorso chiamato “Legge noachide”, conosciuto da molte generazioni. Il più delle volte tale percorso è rimasto sul piano teorico, ma recentemente si è evidenziato sempre più un interesse nell’applicazione pratica dei contenuti singolari della Legge noachide, richiedendo anche una guida pratica alle Halakhot, o ai relativi precetti della Torah. Perciò mi è sembrato opportuno riservare uno spazio del mio sito web per descrivere le Halakhot, una sorta di “Shulchan Aruch” (Codice di leggi) abbreviato, e al contempo fondamentale, che comprenda principalmente le leggi pertinenti a coloro che si identificano come “Figli di Noè” o Noachidi.
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